Ho le lacrime agli occhi.
Il messaggio che Alessandro Del Piero ha inviato a
tutti gli juventini veri dal suo sito ufficiale dice tutto su questo assoluto
fuoriclasse, sull'uomo De Piero.
Vi invito a leggerlo.
Dal quel 2006 anche la mia vita è cambiata. Ho
avuto delusioni personalmente ben più importanti di quella prodotta da farsopoli.
E soprattutto allora c’era mia madre, la mia dolcissima mamma, a condividere la mia
tristezza e rabbia sportiva per l’ingiustizia fatta alla Juventus ed al sentimento
Juventino.
Entrambi
amavamo la Juve e questo eterno ragazzo, serio ed educato, che è Alessandro Del Piero.
Ne
avevamo seguito la carriera. Gli esordi stupefacenti con Lippi; il suo più bel gol, il 3-2 alla Fiorentina nel dicembre del 1994; i gol “alla del Piero”; il gol con il River Plate per l’Intercontinentale; l’ostracismo sciocco di Sacchi
in nazionale nel 1996; la mancata vittoria nel Pallone d’oro nel 1996, quando a
vincere fu “Sammer ! Il grave info rtunio
nel 1998, dopo aver fatto un mondiale con una gamba stirata. Il lento, lentissimo
recupero, con tutti che lo davano per finito, aiutato dal quel grande allenatore e grande uomo che è Ancelotti
(ingiustamente non amato dai tifosi Juventini più beceri).
Il suo ritorno ai livelli di fuoriclasse che gli competevano. Il ritorno di Lippi, ed il ritornare ai suoi gol, a grappoli, tutti belli, mai banali. Come quello, bellissimo, quella domenica appena dopo la scomparsa dell’Avvocato. O quello di tacco al Torino (con l'allenatore del Torino che, poverino, disse "ma non voleva mica toccare la palla; è stato un caso": si riguardi il video). Ed il continuare a segnare e ad essere un uomo di classe. Un vero capitano: “prima la Juve, poi io”. La morte del Dottore e l’arrivo di Capello, ed il suo diventare, da titolare inamovibile, il terzo dei tre attaccanti da far girare. Il suo accettare questa decisione, le sostituzioni senza alcun riguardo, in puro stile-Capello, ribaltandola sul campo, segnando gol pesantissimi e bellissimi, senza mai una polemica.
Puro stile sabaudo
e Agnelliano: stile Juve.
E poi nel 2006 il “Grande Inganno”, come dice l’amico Renato La Monica.
Il suo diventare l’unico
punto di riferimento, durante l’assenza della società per le incertezze sugli
equilibri interni tra gli eredi dei due grandi fratelli Agnelli; durante gli
anni di una dirigenza che non aveva niente dietro di sé.
L’unico che incarnava
la Juve, dopo l’Avvocato e poi il Dottore, era lui; solo lui. Mentre Buffon “meditava”
come Amleto se andarsene o rimanere in B, per noi tifosi, dileggiati ingiustamente da chi ci
aveva sempre e solo odiato e invidiato, la Juve era diventato lui. Era rimasto
solo Lui.
Il diventare capocannoniere in B. Poi la risalita in A.
E di nuovo capocannoniere
in A, dieci anni dopo la prima volta; lasciando a Genova un rigore all’amico
Trezeguet che pareggiava i suoi gol (questo è assoluta sportività); segnandone poi un altro arrivando così a 22; il
sopportare la solenne idiozia di Ranieri che, in quella partita che non contava
più nulla, lo sostituiva impedendogli (praticamente per sempre, data l'età) di superare quel suo record di
gol in un campionato di A. Ed anche lì, uscendo dal campo, solo una piccola frase rubata dal labbiale televisivo: “non
puoi sostituirmi”. Anche lì, niente polemiche o gesti di stizza. Sempre la Juve
ed il suo stile prima di tutto, prima di lui. Anche Ranieri, anni dopo, ammise
che quella sostituzione fu una totale ed ingiusta idiozia.
Passando
per il suo canto del cigno: i tre gol, tutti e tre bellissimi, uno a Torino e due a Madrid, fatti al
Real in Champions nel 2008 a trentaquattro anni. L’ovazione del pubblico più intenditore del mondo, quello
del Bernabeu, del Real Madrid, tutto in piedi ad applaudirlo, al quale Alessandro si inchina per ringraziare.
Unico calciatore italiano ad avere avuto tale riconoscimento.
Poi la fine della dirigenza figlia di farsopoli, sino all'arrivo di Andrea Agnelli, pur passando dagli ultimi due settimi posti, in squadre di una mediocrità atroce, eredità della lunga mancanza di una dirigenza vera, dove nemmeno lui poteva far la differenza, anche per gli anni che passavano.
E poi - finalmente – la rinascita, attraverso l’arrivo di un ex compagno di tante battaglie lippiane: Conte.
L’aver
voluto chiarire via internet che lui, per il rinnovo, non voleva “tanti
soldi”, sproporzionati all’età, come i media andavano dicendo, ma che invece
lui, per la “sua” Juve, avrebbe anche firmato in bianco, prendendo ciò che il
Presidente Andrea (da tutti noi, me compreso, richiesto di tornare a salvarci)
riteneva giusto dargli. E non per metterlo con le spalle al muro, come invece -
purtroppo – proprio Andrea ha forse inteso, decidendo quindi di trattarlo come
oggi sta facendo.
Ed infine la sorpresa di ritrovarsi, inopinatamente, quinto attaccante, e senza che in panchina ci fossero Messi o Cristiano Ronaldo o altri fenomeni.
Trattato
ormai come una vecchia gloria (da chi forse non gli ha mai perdonato di avergli
tolto - per decisione di Lippi, sia chiaro - la fascia di capitano), ma segnando però due o
tre gol “fondamentali”, come l’ultimo con la Lazio: se non segnava lui, l’unico
“fuoriclasse” che abbiamo in attacco, con una “invenzione”, quella partita finiva
in parità, e il campionato poteva anche cambiare segno.
Per arrivare ad oggi. Alla desideratissima "trentesima" vittoria.
E a questo suo messaggio che dice tutto sull’uomo Alessandro Del Piero.
A questo messaggio mi associo totalmente. Con tutta la mia anima.
Perché il mio pensiero va soprattutto ai campioni che rimasero nel 2006 nella ingiustissima B, accettata purtroppo (per motivi - diciamo - “incomprensibili”) dalla proprietà "di allora" (mal consigliata da chi in allora era il traghettatore verso il post Dottor Umberto).
Caro Alessandro, nel Tuo messaggio mi ritrovo, e si ritroverebbe anche la mia dolcissima mamma che oggi mi guarda dall’alto, e che da quasi dieci mesi mi manca ogni singolo giorno enormemente. Vorrei che fosse qui anche Lei.
Festeggerebbe come me la mia, la sua, la nostra Juventus. E certamente il suo “Capitano”.
Entrambi abbiamo sempre provato molto affetto e ammirazione per Te.
Non so perchè la commozione per il pensiero che, da quel brutto 2006, oggi mia madre non c’è si unisce alla commozione che mi suscitano le parole del Tuo messaggio, parole che rappresentano perfettamente il mio pensiero e le mie emozioni di oggi, come - ne sono certo - il pensiero della stragrande maggioranza dei tifosi juventini.
Ed è per tutto questo che assolutamente non capisco perchè Andrea, da me aspettato come il salvatore della patria sin dal 2006, non voglia comprendere che questi sentimenti sono condivisi dalla stragrande maggioranza dei tifosi juventini; che il 2006 ha fatto di Te un elemento di continuità con una storia centenaria volutamente spezzata da chi aveva interesse a togliere di mezzo chi (più bravo) vinceva impedendo algli atri (meno bravi) di vincere.
Che,
a parte questo (che però ha la sua importanza: il calcio è sentimento), non
voglia comprendere che, proprio per quello che c’è stato nel 2006, sarebbe
giusto che fossi tu a dire “mi ritiro alla fine del campionato”; che a dirlo fosse chi ha sempre detto: “Noi abbiamo vinto sul campo; il resto sono solo chiacchere”; che a dirlo fosse chi in campo a Torino, prima della partita, nel 2006, in un clima surreale, mentre tutti i media e persino chi aveva cariche istituzionali insultavano qualsiasi cosa fosse juventina, ha detto al microfono a tutti, con orgoglio: “Noi siamo e saremo sempre la Juventus”.
Proprio adesso che diviene intollerabile la campagna mediatica contro la “terza stella”.
So che ormai non vi è più speranza di un ripensamento del Presidente Andrea, e perciò non posso che dispiacermi. Molto.
Dovunque Tu giocherai, io (e non solo) Ti guarderò. Ogni tanto la televisione serve a qualcosa di buono.
Un grande abbraccio.
Nemo
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