Caro Gianfelice Facchetti,
Le scrivo questa lettera aperta perché l’atteggiamento che Lei ha assunto nella vicenda che oggi riguarda anche Suo padre è profondamente sbagliato.
Innanzi tutto chi Le scrive non è solo uno "juventinovero", ma è anche uno "sportivovero".
Sono della generazione che – da piccolo – ha ammirato le gesta della grande Inter di Suo padre; che ha gioito per la vittoria della ns. nazionale agli europei di Roma del 1968, ed ha sofferto per la sconfitta ai mondiali del 1970 in Messico.
Insomma sono uno per il quale Giacinto Facchetti ha “rappresentato” una vera icona sportiva, oltre che un pezzo dei ricordi della propria fanciullezza ed adolescenza.
Molti di quelli che ora – obtorto collo – debbono parlare di Suo padre, in merito alla nota vicenda, il cui nome più appropriato è “farsopoli”, la pensano esattamente come me.
Ho fatto questa premessa per chiarirLe che nessuno di noi ha in sé minimamente scalfito il ricordo, l’immagine ed il giudizio sulla figura sportiva di Suo padre, né ha intenzione di farlo.
Il problema è che Lei ha preso quest’ultima fase di farsopoli nel modo e dal lato sbagliato.
Lei si è chiuso in una difesa della memoria di Suo padre che non c’entra assolutamente nulla con la sostanza della cosa.
Veda, Lei non vuol capire che ciò che Suo padre faceva (perché “lo” faceva: su questo non v’è dubbio alcuno !) NON ERA NULLA DI MALE: né dal punto di vista regolamentare (ora lo sarebbe, vero Zamparini ?), perché era lecito avere rapporti telefonici e verbali con i designatori; né dal punto di vista di slealtà sportiva, perché infatti lo facevano praticamente tutti.
Il fatto è un altro.
Oggi la società da Lei – comprensibilmente – amata, cioè l’Internazionale FC, continua in una politica moralmente ed eticamente sbagliata.
Ha voluto e vuole continuare nella distruzione della Juventus del Dottor Umberto Agnelli attraverso uno scandalo “solo” mediatico, basato solo su chiacchere da bar: proprio come quello che Lei accusa essere oggi montato contro Suo padre.
Se oggi tutti dicessero la verità, e cioè che le telefonate ai designatori (cioè quello che è stata la base per la costruzione di un castello accusatorio da bar sport, in quanto totalmente sfornito di prove concrete nei confronti di Moggi e della Juventus) non costituivano nulla di sleale (che non erano illecite lo diceva il regolamento allora vigente), non vi sarebbe stata farsopoli, né oggi si parlerebbe di Suo padre (ed oggi la Sua Inter avrebbe come avversaria la “vera” Juventus, e quindi le sue eventuali vittorie avrebbero ben altro valore).
Quello che oggi la difesa di Moggi cerca di far capire a chi proprio non vuole farlo, è che anche la squadra degli “onesti a prescindere” (l’Inter) telefonava ai designatori, e lo faceva attraverso una persona della cui onestà intellettuale nessuno – ripeto NESSUNO – ha mai dubitato, né dubita oggi, cioè Suo padre. E che – dunque – ciò dimostra che queste telefonate non erano nulla di illecito, né tantomeno di sleale, perché:
a) lo facevano tutti ed anche l’Inter (che quindi non ha alcun titolo di differenziazione morale dalla Juventus per fregiarsi dello scudetto “regalatole” dal suo tifoso Guido Rossi);
b) lo faceva una persona che non avrebbe mai fatto nulla di sleale come Suo padre.
Vuole capire questo punto ?
Il fatto è che la dirigenza dell’Inter oggi vuole “negare” la realtà “oggettiva”, e cioè che anche loro, attraverso Suo padre, intrattenevano gli stessi rapporti con i designatori degli arbitri che venivano intrattenuti anche da Moggi, Meani, Galliani e tantissimi altri dirigenti di calcio (cosa che – ripeto – era assolutamente lecita in quanto non vietata, e NON sleale proprio in quanto da tutti praticata).
E se proprio deve ammettere le telefonate di Suo padre, cerca allora di “differenziarle” da quelle degli altri: quelle di Facchetti erano telefonate “buone”, quelle di Moggi invece erano “cattive”: il tono, la virgola, … ecc.; mentre è evidente che non vi è alcuna sostanziale differenza !
E tale “negazione della realtà” è fatta solo per un interesse di cortile: quello di poter continuare a dire:
- che Moggi (e la Juventus) si comportavano male, e che “rubavano” attraverso quell’”illecito strutturato”, inventato dal Prof. Sandulli, e la cui base è costituita proprio dall’assunto che il “telefonatore” (o – al massimo – il telefonatore “cattivo”) era solo Moggi e la Juventus;
- che – quindi – è giusto quel che l'"ingiustizia" sportiva gli ha fatto ed è anche “moralmente” giusto continuare a fregiarsi di un titolo di campione d’Italia al quale assolutamente non si ha alcun diritto, né sportivo, né “morale”.
Ma così facendo, necessariamente, passano sulle spalle di Suo padre; perché delle due l’una: o il telefonare non era nulla di male; o anche Suo padre si comportava male (cosa che secondo me – ripeto – non sta né in cielo, né in terra!)
Se questa premessa da parte dell’Inter non vi fosse, non vi sarebbe tutto ciò a cui Lei vuole ribellarsi.
Quindi Le consiglio di indirizzare le Sue – giustificabilissime – ire verso la dirigenza dell’Inter (che è quella che “chiedeva” a Suo padre di fare le telefonate che oggi tutti ascoltiamo).
Concludo dicendoLe questo: non offenda Lei – etichettando con l’epiteto dispregiativo(tipicamente lombardo) “barbone” – persone come Moggi, i suoi difensori, e coloro - come me - che sostengono solo ciò che “oggettivamente” emerge (e cioè la realtà delle telefonate di Suo padre): non è giusto, e – soprattutto – è inutile ai suoi fini.
Nessuno di noi stà minimamente offendendo la memoria di Suo padre, un campione della nazionale italiana di calcio che tutti noi amiamo.
Faccia una cortesia, dica al Presidente Moratti questo: “mio padre telefonava ai designatori per chiedere i migliori arbitri per le partite dell’Inter, per “suo” mandato e nel “suo” interesse, e questo ERA LECITO e PER NULLA SLEALE verso gli altri, dato che lo facevano tutti; quindi, per favore, non faccia passare mio padre per quello che non è mai stato SOLO per poter dire “noi non lo facevamo; solo Moggi e la Juve lo facevano e quindi è giusto quello che la giustizia sportiva ha fatto alla Juve ed a Moggi nel 2006; ed è giusto aver assegnato a noi – che non telefonavamo, campioni di moralità sportiva ! – uno scudetto da noi perso sul campo con 14 punti di distacco e stravinto sul campo dalla Juventus-"telefonatrice cattiva” (squadra infatti molto bisognosa "d'aiuto" per vincere, infatti i suoi dieci undicesimi giocavano la finale del campionato del mondo per nazioni 2006 !!!).
Ecco dica questo !
Se lo farà, vedrà che verrà “scaricato”: perché la cosa più importante per quella dirigenza evidentemente non è la memoria di Suo padre (che mi creda, per l’ennesima volta, qui non è assolutamente in discussione), ma è SOLO il mantenere ciò che hanno ottenuto (un titolo "di cartone" ed un'"egemonia" sportiva agognata per vent'anni), non sul campo, ma attraverso – loro si - un comportamento illecito (intercettazioni e spionaggio di Tavaroli, lasciando perdere le partite a Torino con in campo giocatori tipo Recoba con passaporto falso, ed i dubbi su fidejussioni necessarie all'iscrizione al campionato) e sportivamente sleale: non dicendo, mentre crocefiggevano Moggi e la Juventus nel 2006, che anche loro (alla stessa maniera ed agli stessi fini) telefonavano ai designatori attraverso Suo padre in quanto era cosa
perfettamente lecita e leale (questo si che sarebbe stato da “campioni di etica sportiva”!), ma al contrario tacendo ed approfittando della situazione.
Spero che Lei riuscirà a comprendere il grande errore di valutazione e di prospettiva in cui è caduto.
Nel rispetto di uno dei grandi del calcio italiano di sempre come Suo padre, La saluto.
Nemo